Cento semi che presero il volo
Cento semi che presero il volo, Isabel Minhòs Martins, ill. Yara Kono, trad. Serena Magi, Hopi edizioni

L’albero aspettava. E sperava. Speranzoso per natura. Che cosa aspettava? che tutto andasse bene (ecco cosa sperava). Che cosa aspettava? Il giorno perfetto, il giorno giusto, il giorno!
Tutto ha inizio con un albero, che pensa, spera e aspetta. Da subito ci si accorge che questo non è un comune libro di divulgazione, ma c’è la saggezza del fiabesco che ci fa pensare al “C’era una volta”.
E come tutte le buone fiabe dopo poco emerge l’imprevisto, l’ostacolo che poi è un elemento che fa parte della vita stessa.

Nonostante tutta la sua speranza non tutti i semi caddero su un buon terreno.
E così, dei cento semi caduti dall’albero seguiamo le rocambolesche capitolazioni, che pagina dopo pagina decimano l’esercito dei coraggiosi semi partiti all’avventura.
Gli imprevisti sono però buffi, e prevale il sorriso anche nella disgrazia della resa. E a guardarci bene dentro ci accorgiamo che sono proprio gli ostacoli incontrati che aprono il lettore ad altre domande, a nuove ipotesi, e i semi viaggiatori sono solo una scusa per sondare il mondo della natura.

E qui si dovrebbe concludere questa storia… ma l’albero continuava ad aspettare, vi ricordate?
Proprio quando sembra tutto perduto, l’inaspettato bussa alla porta e apre i nostri occhi alla meraviglia dell’incalcolabile, per mezzo dei sentieri che la vita sceglie di percorrere.
L’albero sapeva: spesso perché vada tutto bene, basta saper aspettare!
Negli ultimi risguardi gli autori hanno scritto alcune spiegazioni sui diversi tipi di semi e sulle loro strategie per sopravvivere, in un mini-manuale per esplorare la natura.
Il segno pastoso (come di pastello a cera), la presenza di colori saturi, il felice connubio di retini e l’effetto collage di cartoncini danno un tono spiritoso e ricco di vita alla narrazione.

Grazie a Hopi, casa editrice indipendente romana avviata da poco, che si occupa di un’ecologia a tutto tondo, e si propone di sensibilizzare le nuove generazioni tramite l’osservazione e la meraviglia per il mondo che ci circonda.
Citando il paleontologo S.J. Gould: «dovremmo sviluppare un legame emotivo e spirituale con la natura, perché non si lotta per salvare qualcosa che non si ama».
Allora largo alla natura, allo sguardo attento e fresco tipico dell’infanzia, che ci fa meravigliare e ci apre agli altri e ai molti perché.
Francesca Valerio, Il piccolo giardiniere, Mantova